Associazione Culturale Bueno / Biografie Artisti


Antonio Bueno

Antonio Bueno nasce a Berlino nel 1918 da Hannah Rosjanska e dal giornalista scrittore spagnolo Javier Bueno, corrispondente del quotidiano ‘ABC’ di Madrid. Dopo l’infanzia trascorsa in Spagna si trasferisce con la famiglia a Ginevra, frequentando il liceo e l’Accademia di Belle Arti ed esponendo a venti anni al ‘Salon des Jeunes’ di Parigi. Nel gennaio del '40 arriva a Firenze assieme al fratello Xavier, città dove rimarranno entrambi per tutta la vita. Agli inizi il suo stile è influenzato dal Rinascimento fiorentino e la sua pittura è molto realistica e finita; successivamente si allontana dal realismo per sperimentare altre correnti ed altri stili: iniziando dall’astrattismo in collaborazione con Numero, rivista d'avanguardia di Fiamma Vigo, approda a visioni metafisiche mediante composizioni di pipe di gesso e gusci d’uovo (nel 1958 mostre a New York, Los Angeles e San Francisco). Negli anni Sessanta Bueno sarà tra i protagonisti dei movimenti della avanguardia fiorentina, sperimentando diverse tecniche espressive, quali arte-spettacolo e audiopittura. Dal 1969 torna definitivamente alla figurazione, dando vita ad una iconografia particolare di volti femminili, di marinaretti e di toreri, soggetti che continueranno negli anni fino alla ultima stagione dei d’après. E proprio nel pieno di quella fortunata fase creativa, l'artista muore a Fiesole il 28 settembre 1984.



Xavier Bueno

Xavier Bueno nasce a Vera de Bidasoa il 16 gennaio 1915. La professione del padre giornalista Javier fa sì che la famiglia di Xavier, comprendente anche i fratelli Guy e Antonio, sia sempre in viaggio e impegnata in frequenti trasferimenti. Nel 1925 la famiglia si stabilisce a Ginevra, cinque anni più tardi Xavier è già iscritto all’Accademia di Belle Arti manifestando un precoce talento. Dopo un ritorno con la madre in Spagna, a Madrid, frequenta l’Accademia di S. Fernando e segue un corso di pittura tenuto da Vazquez Diaz. 

Nel 1937 si trasferisce a Parigi e presenta le sue opere, caratterizzate da una forte impronta di realismo "spagnolo", al "Salon des Tuileries", al "Salon d'Automne", al "Salon des Indépendants" e al "Salon d'Art Mural"; inoltre espone al Padiglione Spagnolo della Mostra Universale di New York. I suoi principali modelli sono gli autori classici spagnoli, come Velazquez, Murillo, Zurbaràn e Goya, e la sua pittura si contraddistingue per un impegno sociale e talora politico. Nel 1938 Xavier viene raggiunto a Parigi dal fratello Antonio, di tre anni più giovane e anch’egli definitivamente votato alla pittura. Da questo momento, e per un periodo della durata di circa dieci anni, tra i due si instaura un sodalizio totale, artistico e materiale.

Nel gennaio del 1940 si trasferisce in Italia insieme al fratello Antonio e alla madre Hannah. Quello che avrebbe dovuto essere solo un soggiorno temporaneo - il classico voyage in Italie che ogni artista europeo desidera compiere - si trasforma per loro in un’esperienza di vita definitiva e totalizzante, perché a Firenze trascorrono il resto della loro vita. 

Nel 1947 insieme ad Antonio Bueno e a Pietro Annigoni e Gregorio Sciltian fondano il gruppo dei "Pittori Moderni della Realtà" il cui manifesto propone un’osservazione “oggettiva” del vero, della natura e la sua riproduzione il più possibile fedele ed ha intenti esplicitamente polemici nei confronti della critica del tempo post-impressionista. Alla fine degli anni quaranta, in concomitanza con la crisi del gruppo, i rapporti fra Xavier e il fratello Antonio cominciano a mutare, dopo anni di percorso comune. Le cause sono da ricercarsi nella progressiva diversificazione delle loro rispettive personalità artistiche; si tratta tuttavia di un dissenso più stilistico-concettuale che non umano-personale.

Il 1953  rappresenta una svolta importante per la carriera di Xavier: è l’anno dell’esplicita adesione alle poetiche del realismo socialista, adesione che giunge dopo un itinerario personale, che lo vede praticare pittura “impegnata” fin dall’anteguerra, con netto anticipo sull’arte di sinistra italiana. Altra tappa fondamentale nella carriera di Xavier è il viaggio in Brasile del 1954: l’artista torna da questa esperienza pieno di entusiasmo e con una serie di chine i cui principali protagonisti sono bambini, ragazzi, braccianti. Da questo momento la tematica dell’infanzia diviene sempre più ricorrente, un po’ per volta i personaggi verranno raffigurati immobili, in una sorta di nebbia irreale, priva persino di profondità, di rigore prospettico, nella quale essi emergono come evocati.

Tra il 1959 e il 1964 Xavier creò il ciclo dei "Bambini", immagini sofferenti e malinconiche opere simboliche di un'umanità avvilita ed oppressa, che l'artista presentò alla rassegna "España libre".

Per quanto riguarda la tecnica, l’evoluzione e la ricerca condotta all’indomani del viaggio in Brasile lo conducono verso un ulteriore ispessimento della materia, addensata dall’aggiunta della sabbia alla vernice; inoltre il ricorso al collage, già frequentissimo nelle nature morte, diventa cospicuo anche in ambito figurativo-ritrattistico. La materia dei suo quadri è ormai tale per cui non si sa se sia ancora pertinente parlare di pittura, tanto che si ricorre spesso alla definizione di “affresco su tela”.

Xavier si spenge improvvisamente nella notte del 17 luglio 1979 nella sua casa, a Fiesole.



Caterina Bueno

Caterina Bueno nasce a Fiesole il 2 aprile 1943, figlia della scrittrice svizzera Julia Chamorel e del pittore spagnolo Xavier Bueno. Sin da ragazzina comincia a girare per campi, mercati e osterie registrando le modalità, le formule, le melodie e i testi della tradizione orale contadina. La sua ricerca si fa sempre più incessante e il campo d’azione si estende a tutta la Toscana, poi ad altre zone dell’Italia.

La sua voce si trasforma presto nella voce-simbolo della Toscana degli ultimi: basti pensare a una canzoni come Maremma Amara o Battan l’otto veri e propri ritratti di una complessa e drammatica epoca storica, che sono potuti tornare alla luce solamente grazie al lavoro di ricerca di Caterina. Senza il suo intervento, questo e altri tasselli della memoria contadina avrebbero continuato a far parte di un vero e proprio patrimonio culturale sommerso.

L’attività di ricerca è poi coronata da un’incessante impegno sui palchi italiani e internazionali, a partire dagli anni ’60, con il pionieristico Bella Ciao del Nuovo Canzoniere Italiano (insieme a Giovanna Marini, Giovanna Daffini, Michele Straniero e altri) e con la partecipazione allo spettacolo Ci ragiono e canto di Dario Fo, fino a spettacoli rivolti alle varie espressioni del folk italiano, come Ed ora il ballo, o alle esibizioni all’interno del Folk Club di Roma, accompagnata dal giovane chitarrista Francesco De Gregori (che le avrebbe in seguito dedicato la canzone Caterina).

Caterina è diventata, col tempo, una figura cardine per ampi settori del mondo musicale: è stata ispiratrice e maestra per cantanti, interpreti e cantautori, ma ha anche contribuito – e questo forse è il suo lascito principale – a mantenere viva e attuale la memoria della terra, tramandata attraverso la cultura tradizionale, di segno popolare, contadino e libertario.

Caterina è mancata a Firenze il 16 luglio 2007. “È morta in sei mesi di malattia per un tumore. – dice la dottoressa Pamela Giorgi, ricercatrice presso Indire, esperta di archivi di persone del mondo culturale e artistico, in una intervista con Chiara Ferrari:
www.patriaindipendente.it/caterina-raccattacanzoni/
Era giovane, aveva 64 anni. Era il periodo in cui ricominciava ad avere dei riconoscimenti, le stavano ripubblicando le opere, era ripartito il revival del folk.” 

 

La voce è profonda, vibra, evoca. Caterina Bueno canta, e la voce sveglia altre voci… Ma non sono morte, no, sono vivissime. Perché sono la nostra storia, siamo noi. È una storia faticosa, quella che queste voci hanno vissuto. Vale la pena continuare, o tutto ci invita al silenzio? Caterina Bueno canta. Tutto vale la pena, se l’anima non è stretta. Canta, Caterina, canta. Siamo qui. Ti ascoltiamo.
(Antonio Tabucchi)